Una storia riscattata a teatro
a cura di Giulia Bianca
Dal 23 al 25 Novembre alla Sala Cutu di Perugia è andato in scena “Io non ho pace”, drammaturgia di Barbara Bracci liberamente isprirato alla graphic novel “Io so’ Carmela” di Alessia Di Giovanni (disegni Monica Barrengo, BeccoGiallo Editore) e prodotto dal Teatro di Sacco.
Carmela Cirella aveva 12 anni e come molte dodicenni aveva un diario ma il suo era diverso, iniziava così: ” Ho cominciato un diario, l’ho chiamato la storia più brutta della mia vita.”
Una storia di ingiustizie, dolore e silenzi.
Nel 2006 la piccola fu vittima di un primo tentativo di violenza e ebbe il coraggio di denunciare, scelse di credere nella giustizia, il papà e la mamma le avevano insegnato a dire la Verità e lei fece il possibile perrestare fedele a quello. Un caso senza prove, il giudice giurò in aula: “Nessuno stupro”.
Quell’episodio spinse i servizi sociali del Comune di Taranto a ‘prendersi cura’ di Carmela che fu mandata in comunità.
“E’ che a dodici anni ci sono momenti che non sai se è autunno o primavera. Alcuni lo chiamano Caos. Ma in noi c’è la tempesta. Lanciavamo sassi nell’acqua e ci tornavano in testa. A dodici anni un raggio di sole è abbastanza... Se ti senti un germoglio ti cresce, ti scalda, ma se dentro sei una foglia secca beh... lo lasci fare e lui fa.”
Carmela non sta bene in comunità, non sta bene a casa, non sta bene con sé stessa. L’hanno mandata viada scuola, nessuno capisce come si sente, non è come gli altri ma nessuno vuole ascoltare o capire il perché.
Nella graphic novel l’immagine del suo corpo con la scritta “Io so Carmela” nel basso ventre, ci urla ilbisogno di quell’anima fragile di essere solo sé stessa, solo una dodicenne lasciata in pace.
La voce “neogotica” di Francesca Lisetto si amalgama perfettamente tra i dialoghi e la graphic novel creando dei sussulti nell’animo dello spettatore che sembra riesca a sentire le urla di dolore della piccola. Le grafiche molto definite e dai toni scuri esprimono brutalità e sofferenza senza mai risultare eccessive.Carmela non era più una dodicenne, non era più una bambina o un’alunna come le altre, era quello che avevano deciso il suo stupratore e il giudice, gli assistenti sociali o la gente in città.
Decise di scappare dalla comunità nel Novembre del 2006. Verrà sequestrata, drogata e violentata da due minorenni.
Dopo l’ennesima sofferenza dilaniante, in condizioni pietose torna a casa ma sarà portata al prontosoccorso dove capiranno tutto e la rispediranno in comunità.
Il padre dall’esterno perplesso e ignaro di quel che stavano facendo alla figlia prova a far di tutto e conduce la sua battaglia convinto che stiano dando alla figlia dei farmaci sbagliati senza autorizzazioni.
Il 15 Aprile del 2007 Carmela urla per l’ultima volta da quel settimo piano la sua frase “Io so Carmela” e salta giù.
Roberto Biselli interpretando il dolore del padre della piccola a tratti incredulo e a tratti impotente dinnanzi a tutto quel male inferto, esprime egregiamente la fragilità di un amore che dinnanzi a tanta crudeltà non sa più cosa fare, non sa più cosa sperare.
Quando distruggono la vita della tua bambina non puoi dimenticare nulla, non ti resta che continuare a vivere, attraversare il dolore. Tramite il dialogo con DaciaD’Acunto, che ha il ruolo di un’amica di Carmela, che starà vicino al padre aiutandolo, in scena si crea una straordinaria catarsi, i due personaggi non resteranno intrappolati nel delirio causato dal ricordo della forzadi quella piccola sbranata dalla cattiveria di questo mondo, affrontandolo insieme.
L’attrice conclude lo spettacolo con un monologo finale straordinario in cui si rivolge al cuore di Carmela e a quello di tutti glispettatori. In quest’ultima scena il teatro urla più forte della giustizia che non ha saputo difendere Carmelae più forte di tutti noi.
Grida ad ogni coscienza che il male accade in ogni realtà che viviamo, quel che è successo a Carmela poteva accadere a me, a lei, a lui e Carmela non era pazza, non era bugiarda, non era da espellere dalla scuola. Carmela era stata stuprata, umiliata e offesa e doveva essere aiutata, dovevamo rispettarla almeno noi, dovevamo parlarne di più, dovevamo difendere il suo nome e la sua dignità.
Questo spettacolo ci ricorda l’importanza di non tacere mai dinnanzi al male, perché la storia di Carmela come quella di molte altre donne e uomini vittime di violenze deve continuare ad esser raccontata oggi, domani, dopodomani e all'infinito se serve. "Carmela non ha pace, e noi con lei."